Il
momento dell'allattamento è fondamentale. Oltre al nutrimento, il
bambino è sottoposto alla protezione e alla tenerezza della mamma.
Tuttavia capire come allattare e ogni quante ore può divenire un
problema. Non tutti i bambini, infatti, sono accomunabili. Anzi: ognuno
ha le sue tempistiche e il suo appetito secondo il quale le poppate
possono variare anche di molto.
Le regole basilari dell'allattamento
In linea di massima, i pasti giornalieri sono 8-12 nell'arco delle 24 ore, soprattutto nelle prime settimane di vita. Quindi, un minimo di una poppata ogni tre ore. Come si diceva, però, le tempistiche possono cambiare, anche in base alla tipologia dell'allattamento.
Se il neonato è nutrito con latte materno,
più facile da digerire, è possibile che torni a chiedere il seno già
dopo un paio d'ore, massimo due ore e mezza, dal termine del precedente
pasto. Viceversa, se lo si sta alimentando con latte artificiale,
che può essere più difficile da digerire, è consigliabile far
trascorrere almeno tre ore e mezza fra un pasto e l'altro. Allattare:
ogni quante ore, come si vede, dipende da diversi fattori.
Detto questo, c'è da aggiungere che secondo l'Organizzazione mondiale della sanità sarebbe consigliabile procedere secondo il rooming totale:
vale a dire la mamma a disposizione 24 ore su 24 per assecondare le
necessità nutritive del bambino. Le poppate a orari troppo fissi,
infatti, ostacolerebbero un allattamento corretto. Il suggerimento,
insomma, è allattare a richiesta secondo le necessità del piccino. Ci si
può regolare dai pannolini bagnati, che nelle 24 ore devono essere 6-8 e
controllando la presenza di feci: se tutto rientra in questo schema,
l'allattamento procede senz'altro per il meglio.
Quanto tempo dura la poppata
Assodato che almeno ogni tre ore dev'esserci una poppata, c'è da concludere indicando almeno quanto debba durare un pasto.
Ebbene, anche in questo caso sarà il vostro bambino a decidere,
staccandosi dal seno. Rimuovere il seno prima del tempo potrebbe infatti
sottrarre al piccolo la parte più nutriente del latte, quella
conclusiva, ricca di proteine e grassi. Allattare, ogni quante ore,
diventa così semplice e divertente in sintonia col proprio bambino.
Per la crescita corretta del neonato, bisogna curare attentamente la sua alimentazione. Particolarmente delicato è il momento del passaggio da sostanze liquide a quelle solide con l'introduzione di nuovi cibi.
- Dai 4 ai 6 mesi:
le prime pappe dovrebbero essere introdotte nell'alimentazione del
bambino intorno ai 4 mesi, senza per questo rinunciare alle poppate sia
che la mamma allatti il piccolo al seno o con il biberon. All'inizio,
almeno fino al 5/6° mese, gli alimenti, mele, zucchine, carote, patate,
dovrebbero essere offerte al piccino sotto forma di frullato o
omogeneizzato, in modo tale che la differenza di consistenza tra il
latte (liquido) e gli alimenti (solidi) sia per il bimbo quasi
impercettibile.
- Dai 6 ai 7 mesi:
dopo il 6° mese la mamma può introdurre nell'alimentazione del bambino
cibi con una certa consistenza, per esempio la carne. Perfetti gli
omogeneizzati, ma per una preparazione casalinga, consigliabile optare
per la carne frullata o macinata, offerta sottoforma di polpette o
hamburger. Da evitare, invece, la carne eccessivamente fibrosa che
potrebbe essere mal digerita dal bimbo.
- Dopo gli 8 mesi:
il passaggio vero e proprio da un'alimentazione liquida a una solida
avviene, generalmente, dopo l'8° mese, quando comunque il bambino ha già
messo alcuni dentini. Il passaggio deve essere molto graduale. Sì,
quindi, allo spezzettamento del cibo in modo che il piccolo possa
inghiottirlo anche senza masticarlo, facendo attenzione, però, che lo
abbia deglutito. Perfetta, in questo senso, la pastina, i pezzetti di
mela cotta, le verdure sminuzzate.
Da introdurre con cautela
- Le uova:
altamente allergizzanti, le uova vanno inserite nell'alimentazione solo
dopo l'anno e, comunque, con molta cautela. Le prime volte, quindi,
date al bambino un cucchino di tuorlo e aspettate qualche giorno per
controllare che non si verifichino reazioni allergiche. In caso
negativo, passate al tuorlo intero e, infine, all'albume. Solo quando
avrete la certezza che il piccino tollera bene le uova, proponetegli una
frittata (cotta, magari, nel forno).
- Pomodori:
anche i pomodori possono scatenare reazioni allergiche piuttosto
violente. Vanno, quindi, inseriti nell'alimentazione piuttosto tardi,
dopo gli 11 mesi, a piccole dosi. Fino a quando non si ha la certezza
che il fisico del bambino non ne è disturbato. A quel punto, si può
proporre al piccino un piatto di pastina condita con pomodoro fresco e
un goccio di olio d'oliva.
- Crostacei:
se il pesce è, generalmente, ben tollerato dai piccolissimi e, anzi,
risulta un alimento prezioso per variare la loro dieta già a partire dal
7° mese, i crostacei potrebbero causare qualche problema. Vanno,
quindi, introdotti con moderazione e, comunque, dopo i 7 mesi anche
perché il loro gusto è spesso non gradito ai bimbi.
- Frutta secca:
non è un alimento indispensabile nell'alimentazione del bambino. Ecco
perché è meglio ritardarne quanto più possibile l'introduzione dal
momento che, soprattutto per quanto riguarda le nocciole, la frutta
secca può provocare fortissime reazioni allergiche.
I
primi anni di vita di un bambino sono decisivi per lo sviluppo del
senso del gusto, incidono sia sulle preferenze, sia sul suo
comportamento alimentare futuro.
Per esaltare il gusto di una pietanza è nostra abitudine quella di ricorrere all’uso del sale. Senza rendercene conto ne usiamo dosi decisamente superiori al nostro fabbisogno.
Ricadiamo in questa cattiva abitudine anche quando prepariamo le pappe
dei bambini, in quanto, nel condire l’alimento ci regoliamo in base al nostro gusto personale, sottovalutando che i neonati hanno un senso del gusto decisamente diverso dal nostro.
Almeno
fino al secondo anno di vita il bambino dovrebbe essere nutrito con
alimenti privi di sale, soprattutto perché non si dovrebbe
sovraccaricare di lavoro i reni, che non sono completamente ben
sviluppati e, quindi, non ancora del tutto capaci di eliminarlo.
L’assenza di questo esaltatore di sapidità nelle pappe permetterà al
bimbo di crescere senza alcuna dipendenza dai cibi salati, verrà educato
al gusto e imparerà a distinguere e riconoscere i diversi ed autentici
sapori; inoltre, rappresenterà anche un’ottima arma di prevenzione nei
confronti di alcune patologie.
Il
sodio contenuto nel sale è importante per il mantenimento del nostro
stato di salute, in quanto svolge diverse funzioni: partecipa
all’equilibrio acido-base; alla regolazione dell’eccitabilità muscolare;
alla regolazione del bilancio idrico; al mantenimento della pressione
osmotica dei liquidi corporei. Il problema nasce nel momento in cui si
eccede nell’assunzione.
Un
recente studio condotto a Philadelphia e pubblicato sull'American
Journal of Clinical ha spiegato l’importanza di non somministrare cibi
salati, soprattutto nei primi anni di vita. La ricerca si è
basata sulla somministrazione di acqua contenente concentrazioni diverse
di sale a un gruppo di sessanta neonati. Parallelamente, sono state
annotate le scelte alimentari seguite dai genitori per l’alimentazione
dei propri bambini durante i mesi di svolgimento della ricerca. In
questa prima parte dell’indagine si è osservato come i neonati non
preferivano le soluzioni salate e, addirittura, rifiutavano quelle con
maggiori concentrazioni saline. Lo stesso esperimento è stato ripetuto
quando i bambini aveva raggiunto i 6 mesi di vita. I risultati questa
volta sono stati diversi: i bambini nella cui alimentazione era stato aggiunto il sale e che, inoltre, facevano uso di pane,
cracker e cereali, gradivano l’acqua addizionata di sale che gli era
stata proposta. I pochi bambini che invece continuavano a rifiutare
l’acqua salata erano quelli che mangiavano più frutta sia a merenda che a
colazione rispetto agli altri. Non dobbiamo dimenticare come tutti gli
alimenti apportano naturalmente sale nell’organismo, quindi, l’aggiunta è
superflua. Se a questa dose aggiungiamo quella che assumiamo mangiando
soprattutto alimenti già pronti, specialmente a base di cereali come
zuppe e minestre, noteremo che la quantità di sale assunto è decisamente
superiore al nostro fabbisogno e alla capacità dei reni di eliminarlo
giornalmente.
In media, in condizioni normali, i reni eliminano da 0,1 a 0,6 g di sodio al giorno. Sono
anche numerosi gli studi che hanno dimostrato che l’uso eccessivo di
sale crea una vera e propria dipendenza simile a quella data dall’uso di
una droga. Questa condizione porta inevitabilmente
all’abuso nel consumo, aumentando il rischio di insorgenza di patologie
renali e dell’apparato cardiocircolatorio.
Per
molti fila liscio, ma per qualcuno significa fine dell’idillio con il
figlio e inizio di rifiuti, bocche chiuse e cibo sputato. Con
nervosismo, ansie e insicurezze per entrambi. Durante lo svezzamento è
fondamentale agire in modo da aiutare il piccolo a sviluppare un buon
rapporto con il cibo e impostare uno stile alimentare corretto. In poche
parole, a mangiare con piacere e quando ha fame. Come farlo? Lo abbiamo chiesto a Cristina Bertanza, pediatra a Milano.
Come e quando iniziare con il cibo solido?
Non prima del quarto mese e non oltre il settimo: si può iniziare con qualche cucchiaio di frutta frullata o di crema di riso,
per poi arrivare a un pasto vero e proprio intorno al sesto mese. Per
vivere serenamente il passaggio dal latte all’alimentazione solida, le
parole d’ordine devono essere pazienza e gradualità. Gli alimenti e i
sapori nuovi vanno proposti al piccolo senza fretta, rispettando i suoi
tempi e i suoi gusti. La pappa è un’esperienza nuova: per i sapori e la
consistenza del cibo, ma anche per il cucchiaino e per il seggiolone. È
importante cominciare in una situazione di buona salute e relax per
mamma e figlio e dedicare il giusto tempo alla pappa. Per rendere il
momento più piacevole è meglio far mangiare il piccolo prima degli
adulti; e per evitare che arrivi al pasto troppo affamato, è bene
anticipare di una mezz’ora rispetto alla poppata. Se ha molta fame e
qualcosa va storto, potrebbe innervosirsi e rifiutare il cibo. In
generale, è bene cominciare con qualche assaggio: se dimostra di gradire
si continua, ma se il rifiuto è deciso è meglio lasciar perdere. Il
giorno successivo si riprova con piccoli assaggi.
Cibi preparati in casa o già pronti?
Le
preparazioni industriali assicurano un alto standard igienico-sanitario
e, grazie ai controlli molto rigorosi della filiera, gli ingredienti
sono di ottima qualità. Ma se la mamma ha tempo, può preparare in casa i
pasti. Nei primi mesi di svezzamento si può cucinare la carne
bianca (pollo, coniglio e tacchino), dopo il 9° mese s'inserisce nel
menu anche la carne di maiale e il tuorlo d’uovo. È importante fare
tutto con gradualità, non avere fretta e lasciare al piccolo il tempo di
abituarsi ai sapori nuovi.
Le raccomandazione dell’OMS
L'Organizzazione
mondiale della sanità (Oms) ha diffuso recentemente le linee guida
sull'alimentazione complementare dei bambini allattati al seno.
Ecco i punti salienti. Durante lo svezzamento, continuate ad allattare
al seno (se è possibile, anche fino a due anni, dicono gli esperti);
incoraggiare i bambini, senza forzarli; aumentare gradualmente la
consistenza e la gradualità degli alimenti; cercare di variare il più
possibile gli alimenti; praticare una buona igiene, servendo i cibi
immediatamente dopo la preparazione. Quando il bambino è malato,
aumentare l'apporto di liquidi, anche attraverso un allattamento più
frequente; durante la convalescenza, offrire cibo più frequentemente.
Non esagerare con la carne
Nei
i primi due anni di vita del bambino, è bene non esagerare con le
proteine animali: secondo molti studi scientifici, infatti, troppa carne
favorisce l’obesità. Con un abbondante cucchiaio di grana nella pappa,
ricco di proteine (35 per 100 g, contro i 20 della carne) non c’è
bisogno di fargli mangiare il secondo. Quando si comincia a introdurre
la carne, abbiate l'accortezza di alternarla ad altre fonti proteiche,
come formaggi (ricotta, crescenza, caprino), pesce, uova. Non
dimenticate i legumi: lenticchie, ceci e fagioli contengono proteine
vegetali e sono poveri di grassi. Vanno abbinati sempre alla pastina
(per farne un piatto completo) senza esagerare con le quantità