martedì 18 giugno 2013

Regole da seguire in gravidanza per la salute della mamma e del bambino

Non sono regole normate da qualche governo o sottoscritte da importanti associazioni di ostetrici o ginecologi, ma sono regole nate con l’esperienza per poter sopravvivere in un momento veramente magico ed emozionante come quello della gravidanza, in cui tutti si sentono in diritto di dire la propria opinione. Ricordate che nessuno può conoscere meglio di voi stesse il vostro corpo e il vostro futuro bambino.
La legge italiana tutela la gravida e il nascituro garantendo tutti i controlli gratuiti gli esami fondamentali da eseguire durante la gestazione.

Ecco le 10 regole da seguire per avere una gravidanza perfetta:
Ecco le 10 regole da seguire per avere una gravidanza perfetta:
  1. Evitare la sciatteria: non trascurarsi e non lasciar andare né il proprio corpo né la propria mente
  2. La gravidanza non è una malattia, ma un evento fisiologico della vita di una donna
  3. Se non ci sono particolari indicazioni mediche, nessuno sport o attività sono strettamente controindicati in gravidanza, anzi: una costante attività sportiva può giovare a madre e feto
  4. Non si deve mangiare per 2, bensì 2 volte meglio utilizzando una dieta varia ed equilibrata. Eccezione consentita le limitazioni imposte dalla recettività alla toxoplasmosi
  5. Essere “gravide” vi rende particolarmente soggette alle opinioni delle persone che vi circondano: ricordate che non tutto ciò che “mi è stato detto” o è frutto di esperienze personali corrisponde sempre e perfettamente alla realtà. Funzionate da filtro per sopravvivere
  6. Ciascuna gravidanza è differente da un’altra e ogni gravidanza è diversa dalle successive: utilizzate le esperienze ma non lasciatevi condizionare
  7. E´ diritto/dovere della donna essere seguita durante la gestazione per tutelare la sua salute e quella del nascituro.  Esami ed ecografie routinarie sono garantiti gratuitamente dal SSN, come anche l’assistenza e l’anonimato a tutte le donne gravide che hanno deciso di non riconoscere il loro bambino
  8. Il concetto di “salute” viene definito come il benessere psico-fisico di un individuo: in una gravidanza, la fisiologia del suo svolgersi è fondamentale come la serenità mentale della futura mamma, per garantire una precoce interazione tra madre e feto.
  9. Una corretta igiene personale è l’ABC della prevenzione delle complicazioni
  10. La maternità (e la paternità) è tutelata in ambito lavorativo da molte normative: informatevi  sui vostri diritti per non essere vittime di soprusi

Aumento peso in gravidanza nel primo trimestre.Cosa succede al mio aspetto fisico?


Nel primo trimestre, generalmente, non si notano grandi cambiamenti fisici.
Il seno può essere più teso e dolente, simile al periodo premestruale, l’addome, soprattutto in donne molto magre, può apparire più gonfio ma non dolente, possono comparire abbondanti perdite vaginali, muco giallo e filante (una sorta di pulizia naturale a livello vaginale), possono sanguinare più facilmente gengive e naso. Generalmente aumentano notevolmente il sonno e il bisogno di riposo: come se il corpo di una donna imponesse uno stop, un freno per potersi dedicare meglio a questo delicato momento della gravidanza.
Si possono presentare frequenti e repentini sbalzi di umore con un aumento della sensibilità,  anche per piccole cose.

Fumare durante la gravidanza non è collegato direttamente allo sviluppo dell'autismo

Ad affermarlo è uno studio pubblicato dal Journal of Autism and Developmental Disorders.
La ricerca, promossa dalla Drexel University di Philadelphia, è stata condotta in Svezia su oltre 42 mila bambini. E' risultato che il 19% dei bambini con ASD aveva subito il fumo passivo della madre durante la gravidanza, ma che una percentuale simile (18%) appartiene al gruppo dei bambini affestti da ASD ma nati senza fumo passivo.

 La differenza è minima dunque, come spiega il responsabile Brian Lee: "Non abbiamo trovato alcuna prova che il fumo materno durante la gravidanza aumenti il rischio di disturbi dello spettro autistico". Ricordiamo alle future mamme che fumare durante la gravidanza è comunque altamente sconsigliato: i rischi per i nascituri sono tanti.

Le cause di un aborto.Perché una gravidanza può interrompersi spontaneamente?

Aborto  spontaneo, ovvero l’embrione (o più raramente il feto), ad un certo punto, arresta il suo sviluppo andando incontro a morte.
Generalmente, si tratta di una sorta di selezione naturale, ovvero l’embrione, nella sua formazione, ha incontrato difficoltà, ha accumulato degli errori genetici o morfologici, per cui risulterebbe incompatibile con la vita.

Madre natura pone soluzione interrompendo il decorso della gravidanza. È frequente che capiti, ma è importante sottolineare che non dipende da alcun tipo di comportamento che può aver tenuto la madre e soprattutto che non pregiudica in alcun modo le eventuali gravidanze future.
Se dovesse verificarsi una seconda o terza volta, sarà compito del ginecologo curante verificare la presenza di altre problematiche.
Può essere del tutto asintomatico e trovar riscontro occasionale durante un normale controllo ecografico (non è più visualizzabile il battito cardiaco), oppure manifestarsi con sanguinamenti più o meno abbondanti.
Nella maggior parte dei casi è necessario eseguire un intervento di pulizia della cavità uterina (revisione) per permettere la fuoriuscita di tutto il materiale prodotto del concepimento; talvolta invece viene espulso tutto sotto forma di importante flusso sanguigno.

Parto prematuro: i sintomi principali

Il parto prematuro avviene prima della 37a settimana di gravidanza quando il bambino ha ancora l'apparato respiratorio non completamente formato. Si tratta, quindi, di una situazione estremamente rischiosa per la vita del neonato. Nel parto prematuro, i pricipali sintomi sono rappresentati da: contrazionio dolori al basso ventre di intensità variabile, perditie vaginali e nei casi estremi la rottura delle acque.

Come si manifesta il parto prematuro

Il parto prematuro, o parto pretermine, avviene prima della 37a settimana di gestazione e rappresenta una situazione rischiosa sia per la mamma sia per il bambino soprattutto se avviene i neonati molto prematuri, i quali sono altamente a rischio di soffrire di gravi problemi cerebrali, digestivi e soprattutto respiratori. Inoltre la mortalità nei primi giorni di vita è molto alta. Questi neonati se superano la fase critica rischiano anche di avere problemi anche una volta cresciuti, ad esempio ritardo nello sviluppo e problemi nell’apprendimento. Il parto prematuro è più frequente nelle mamme molto giovani (meno di venti anni) e in quelle più mature (sopra trentotto anni).

Il parto prematuro è accompagnato da sintomi e in particolare da contrazioni che si presentano in genere ogni dieci minuti o con una frequenza maggiore. Spesso sono dolorose e devono subito allarmare la mamma che deve recarsi in ospedale. In altri casi le contrazioni possono essere sporadiche o possono presentarsi come un indurimento dell’addome accompagnato da mal di schiena e da senso di peso al basso ventre.

Possono essere presenti emorragie, sintomo di un distacco di placenta alla base del parto prematuro. L'emorragia può anche non essere abbondante, ma è quasi sempre accompagnata da dolori e contrazioni.
La minaccia di parto prematuro può presentarsi anche con la "rottura delle acque" (membrane amniocoriali) con perdita di liquido amniotico trasparente o verde. In questo caso è richiesto un ricovero urgente.

Sintomi principali del parto prematuro

Il parto prematuro, accompagnato da particolari sintomi, è una situazione di grave rischio per la madre e il bambino. I sintomi che devono mettere in allarme i futuri genitori sono rappresentati da contrazioni (dolorose ma anche più lievi), mal di schiena, emorragie e la rottura delle borse amniotiche. Queste condizioni richiedono il ricovero immediato.

Come affrontare la depressione post partum: quale terapia seguire

Capita sovente che le neo-mamme si sentano inadeguate ma negano questa condizione di disagio. Molte donne pur soffrendo di depressione post partum rifiutano qualsiasi terapia che potrebbe aiutarle a superare le difficoltà del momento perché temono di essere considerate cattive madri. Nascondere la tristezza e i sentimenti negativi che le affliggono non serve a ritrovare la serenità.
 Solo una mamma serena può dare serenità al proprio piccolo
Piccoli gesti di affetto o un supporto nelle cure al neonato sono determinanti per il superamento della depressione successiva alla gravidanza. E' essenziale il ruolo del partner, il neo-papà, che deve comprendere e incoraggiare la moglie con tutto l'amore possibile, deve dare un aiuto morale e materiale allo stesso tempo. Curare la depressione post partum con la terapia si può
E' chiaro che in presenza di importanti sintomi depressivi la farmacoterapia è quasi sempre necessaria. Le cure possono basarsi sull’assunzione di ansiolitici e antidepressivi, sempre sotto il controllo di un medico specialista. Gli antidepressivi servono a normalizzare le quantità delle sostanze chimiche che agiscono comunemente nel cervello, come la serotonina e la noradrenalina, utili ad affrontare i cambiamenti fisiologici scaturiti da un evento particolare.

E' sempre opportuno abbinare alla terapia medica un supporto psicologico o una vera e propria psicoterapia. In questo campo il sistema sanitario nazionale funziona davvero. Le mamme in difficoltà possono trovare nelle strutture e quindi nei consultori familiari un'ottima opportunità di aiuto. Molte le associazioni formate da gruppi di persone che mettono a disposizione degli altri il loro tempo e le loro esperienze.

La psicoterapia svolge un ruolo insostituibile: partecipare a terapie di gruppo con donne che vivono lo stesso problema aiuta tanto, infatti è dimostrato che per sconfiggere la solitudine e le incertezze il confronto con altre madri è l’ideale. Durante la psicoterapia è importante che la madre elabori il rapporto con se stessa e capisca quindi che la relazione madre-figlio deve stabilirsi e crescere lentamente. Ritrovare la stima di sé è determinante.

Sconfiggere la depressione e scoprire l'amore per il proprio bambino

Superare la depressione post partum con la terapia adeguata significa poter finalmente apprezzare la gioia di vivere in serenità con il proprio bambino. Per fortuna tutto passa e tutto si dimentica: basta guardare ogni giorno il sorriso di un figlio per convincersi del grande dono ricevuto. Ricordiamo comunque che mai bisogna sottovalutare le difficoltà delle donne quando diventano mamme.

Depressione post-parto, si prevederà dal sangue

Presto potremo prevedere il rischio di incorrere nella "baby blues", la depressione che coglie una neomamma su sette subito dopo il parto, le cui forme più gravi possono anche diventare psicosi vere e proprie. Un semplice test del sangue potrebbe infatti anticipare il pericolo di restarne vittima.
A un test che potrebbe essere davvero rivoluzionario, sta lavorando il team di Dimitris Grammatopoulos, della Warwick Medical School (Gran Bretagna), che ha presentato i risultati del suo gruppo all'ultimo International Congress of Endocrinology di Firenze. 
Lo studio
Il lavoro ha coinvolto un gruppo di 200 donne seguite prima e dopo il parto, e ha permesso di scoprire che il pericolo di sviluppare la "baby blues" è in qualche modo scritto nel Dna: le donne predisposte alla depressione post-parto - hanno concluso gli autori - sembrano avere maggiori probabilità di presentare nel proprio corredo genetico particolari varianti di 2 geni interruttori cruciali nella risposta allo stress, poiché regolano la produzione di 2 recettori che a loro volta controllano l'attività dell'asse ipotalamo-ipofisario.

Speranze future
Grammatopoulos e i suoi colleghi intendono approfondire i risultati di questa ricerca attraverso uno studio più ampio e multicentrico, che coinvolga anche altre strutture britanniche a Coventry, Birmingham e Londra.
"Crediamo di avere fatto una scoperta con importanti implicazioni cliniche e sociali", ha commentato Grammatopoulos, "se si riuscissero a identificare più facilmente le donne che rischiano la depressione post-parto, queste pazienti potrebbero essere trattate prima e con terapie appropriate".

giovedì 6 giugno 2013

Allattamento al seno

Il momento dell'allattamento è fondamentale. Oltre al nutrimento, il bambino è sottoposto alla protezione e alla tenerezza della mamma. Tuttavia capire come allattare e ogni quante ore può divenire un problema. Non tutti i bambini, infatti, sono accomunabili. Anzi: ognuno ha le sue tempistiche e il suo appetito secondo il quale le poppate possono variare anche di molto.

Le regole basilari dell'allattamento

In linea di massima, i pasti giornalieri sono 8-12 nell'arco delle 24 ore, soprattutto nelle prime settimane di vita. Quindi, un minimo di una poppata ogni tre ore. Come si diceva, però, le tempistiche possono cambiare, anche in base alla tipologia dell'allattamento.
Se il neonato è nutrito con latte materno, più facile da digerire, è possibile che torni a chiedere il seno già dopo un paio d'ore, massimo due ore e mezza, dal termine del precedente pasto. Viceversa, se lo si sta alimentando con latte artificiale, che può essere più difficile da digerire, è consigliabile far trascorrere almeno tre ore e mezza fra un pasto e l'altro. Allattare: ogni quante ore, come si vede, dipende da diversi fattori.
Detto questo, c'è da aggiungere che secondo l'Organizzazione mondiale della sanità sarebbe consigliabile procedere secondo il rooming totale: vale a dire la mamma a disposizione 24 ore su 24 per assecondare le necessità nutritive del bambino. Le poppate a orari troppo fissi, infatti, ostacolerebbero un allattamento corretto. Il suggerimento, insomma, è allattare a richiesta secondo le necessità del piccino. Ci si può regolare dai pannolini bagnati, che nelle 24 ore devono essere 6-8 e controllando la presenza di feci: se tutto rientra in questo schema, l'allattamento procede senz'altro per il meglio.

Quanto tempo dura la poppata

Assodato che almeno ogni tre ore dev'esserci una poppata, c'è da concludere indicando almeno quanto debba durare un pasto. Ebbene, anche in questo caso sarà il vostro bambino a decidere, staccandosi dal seno. Rimuovere il seno prima del tempo potrebbe infatti sottrarre al piccolo la parte più nutriente del latte, quella conclusiva, ricca di proteine e grassi. Allattare, ogni quante ore, diventa così semplice e divertente in sintonia col proprio bambino.

Svezzamento: passaggio dal liquido al solido

Per la crescita corretta del neonato, bisogna curare attentamente la sua alimentazione. Particolarmente delicato è il momento del passaggio da sostanze liquide a quelle solide con l'introduzione di nuovi cibi.
- Dai 4 ai 6 mesi: le prime pappe dovrebbero essere introdotte nell'alimentazione del bambino intorno ai 4 mesi, senza per questo rinunciare alle poppate sia che la mamma allatti il piccolo al seno o con il biberon. All'inizio, almeno fino al 5/6° mese, gli alimenti, mele, zucchine, carote, patate, dovrebbero essere offerte al piccino sotto forma di frullato o omogeneizzato, in modo tale che la differenza di consistenza tra il latte (liquido) e gli alimenti (solidi) sia per il bimbo quasi impercettibile.

- Dai 6 ai 7 mesi: dopo il 6° mese la mamma può introdurre nell'alimentazione del bambino cibi con una certa consistenza, per esempio la carne. Perfetti gli omogeneizzati, ma per una preparazione casalinga, consigliabile optare per la carne frullata o macinata, offerta sottoforma di polpette o hamburger. Da evitare, invece, la carne eccessivamente fibrosa che potrebbe essere mal digerita dal bimbo.

- Dopo gli 8 mesi: il passaggio vero e proprio da un'alimentazione liquida a una solida avviene, generalmente, dopo l'8° mese, quando comunque il bambino ha già messo alcuni dentini. Il passaggio deve essere molto graduale. Sì, quindi, allo spezzettamento del cibo in modo che il piccolo possa inghiottirlo anche senza masticarlo, facendo attenzione, però, che lo abbia deglutito. Perfetta, in questo senso, la pastina, i pezzetti di mela cotta, le verdure sminuzzate.

Da introdurre con cautela
- Le uova: altamente allergizzanti, le uova vanno inserite nell'alimentazione solo dopo l'anno e, comunque, con molta cautela. Le prime volte, quindi, date al bambino un cucchino di tuorlo e aspettate qualche giorno per controllare che non si verifichino reazioni allergiche. In caso negativo, passate al tuorlo intero e, infine, all'albume. Solo quando avrete la certezza che il piccino tollera bene le uova, proponetegli una frittata (cotta, magari, nel forno).
- Pomodori: anche i pomodori possono scatenare reazioni allergiche piuttosto violente. Vanno, quindi, inseriti nell'alimentazione piuttosto tardi, dopo gli 11 mesi, a piccole dosi. Fino a quando non si ha la certezza che il fisico del bambino non ne è disturbato. A quel punto, si può proporre al piccino un piatto di pastina condita con pomodoro fresco e un goccio di olio d'oliva.

- Crostacei: se il pesce è, generalmente, ben tollerato dai piccolissimi e, anzi, risulta un alimento prezioso per variare la loro dieta già a partire dal 7° mese, i crostacei potrebbero causare qualche problema. Vanno, quindi, introdotti con moderazione e, comunque, dopo i 7 mesi anche perché il loro gusto è spesso non gradito ai bimbi.

- Frutta secca: non è un alimento indispensabile nell'alimentazione del bambino. Ecco perché è meglio ritardarne quanto più possibile l'introduzione dal momento che, soprattutto per quanto riguarda le nocciole, la frutta secca può provocare fortissime reazioni allergiche.

Niente sale nelle pappe dei neonati

I primi anni di vita di un bambino sono decisivi per lo sviluppo del senso del gusto, incidono sia sulle preferenze, sia sul suo comportamento alimentare futuro.

Per esaltare il gusto di una pietanza è nostra abitudine quella di ricorrere all’uso del sale. Senza rendercene conto ne usiamo dosi decisamente superiori al nostro fabbisogno. Ricadiamo in questa cattiva abitudine anche quando prepariamo le pappe dei bambini, in quanto, nel condire l’alimento ci regoliamo in base al nostro gusto personale, sottovalutando che i neonati hanno un senso del gusto decisamente diverso dal nostro.
Almeno fino al secondo anno di vita il bambino dovrebbe essere nutrito con alimenti privi di sale, soprattutto perché non si dovrebbe sovraccaricare di lavoro i reni, che non sono completamente ben sviluppati e, quindi, non ancora del tutto capaci di eliminarlo. L’assenza di questo esaltatore di sapidità nelle pappe permetterà al bimbo di crescere senza alcuna dipendenza dai cibi salati, verrà educato al gusto e imparerà a distinguere e riconoscere i diversi ed autentici sapori; inoltre, rappresenterà anche un’ottima arma di prevenzione nei confronti di alcune patologie.

Il sodio contenuto nel sale è importante per il mantenimento del nostro stato di salute, in quanto svolge diverse funzioni: partecipa all’equilibrio acido-base; alla regolazione dell’eccitabilità muscolare; alla regolazione del bilancio idrico; al mantenimento della pressione osmotica dei liquidi corporei. Il problema nasce nel momento in cui si eccede nell’assunzione.

Un recente studio condotto a Philadelphia e pubblicato sull'American Journal of Clinical ha spiegato l’importanza di non somministrare cibi salati, soprattutto nei primi anni di vita. La ricerca si è basata sulla somministrazione di acqua contenente concentrazioni diverse di sale a un gruppo di sessanta neonati. Parallelamente, sono state annotate le scelte alimentari seguite dai genitori per l’alimentazione dei propri bambini durante i mesi di svolgimento della ricerca. In questa prima parte dell’indagine si è osservato come i neonati non preferivano le soluzioni salate e, addirittura, rifiutavano quelle con maggiori concentrazioni saline. Lo stesso esperimento è stato ripetuto quando i bambini aveva raggiunto i 6 mesi di vita. I risultati questa volta sono stati diversi: i bambini nella cui alimentazione era stato aggiunto il sale e che, inoltre, facevano uso di pane, cracker e cereali, gradivano l’acqua addizionata di sale che gli era stata proposta. I pochi bambini che invece continuavano a rifiutare l’acqua salata erano quelli che mangiavano più frutta sia a merenda che a colazione rispetto agli altri. Non dobbiamo dimenticare come tutti gli alimenti apportano naturalmente sale nell’organismo, quindi, l’aggiunta è superflua. Se a questa dose aggiungiamo quella che assumiamo mangiando soprattutto alimenti già pronti, specialmente a base di cereali come zuppe e minestre, noteremo che la quantità di sale assunto è decisamente superiore al nostro fabbisogno e alla capacità dei reni di eliminarlo giornalmente.

In media, in condizioni normali, i reni eliminano da 0,1 a 0,6 g di sodio al giorno. Sono anche numerosi gli studi che hanno dimostrato che l’uso eccessivo di sale crea una vera e propria dipendenza simile a quella data dall’uso di una droga. Questa condizione porta inevitabilmente all’abuso nel consumo, aumentando il rischio di insorgenza di patologie renali e dell’apparato cardiocircolatorio.

Per vivere serenamente lo svezzamento, le parole d’ordine devono essere pazienza e gradualità

Per molti fila liscio, ma per qualcuno significa fine dell’idillio con il figlio e inizio di rifiuti, bocche chiuse e cibo sputato. Con nervosismo, ansie e insicurezze per entrambi. Durante lo svezzamento è fondamentale agire in modo da aiutare il piccolo a sviluppare un buon rapporto con il cibo e impostare uno stile alimentare corretto. In poche parole, a mangiare con piacere e quando ha fame. Come farlo? Lo abbiamo chiesto a Cristina Bertanza, pediatra a Milano.

Come e quando iniziare con il cibo solido?
Non prima del quarto mese e non oltre il settimo: si può iniziare con qualche cucchiaio di frutta frullata o di crema di riso, per poi arrivare a un pasto vero e proprio intorno al sesto mese. Per vivere serenamente il passaggio dal latte all’alimentazione solida, le parole d’ordine devono essere pazienza e gradualità. Gli alimenti e i sapori nuovi vanno proposti al piccolo senza fretta, rispettando i suoi tempi e i suoi gusti. La pappa è un’esperienza nuova: per i sapori e la consistenza del cibo, ma anche per il cucchiaino e per il seggiolone. È importante cominciare in una situazione di buona salute e relax per mamma e figlio e dedicare il giusto tempo alla pappa. Per rendere il momento più piacevole è meglio far mangiare il piccolo prima degli adulti; e per evitare che arrivi al pasto troppo affamato, è bene anticipare di una mezz’ora rispetto alla poppata. Se ha molta fame e qualcosa va storto, potrebbe innervosirsi e rifiutare il cibo. In generale, è bene cominciare con qualche assaggio: se dimostra di gradire si continua, ma se il rifiuto è deciso è meglio lasciar perdere. Il giorno successivo si riprova con piccoli assaggi.

Cibi preparati in casa o già pronti?
Le preparazioni industriali assicurano un alto standard igienico-sanitario e, grazie ai controlli molto rigorosi della filiera, gli ingredienti sono di ottima qualità. Ma se la mamma ha tempo, può preparare in casa i pasti. Nei primi mesi di svezzamento si può cucinare la carne bianca (pollo, coniglio e tacchino), dopo il 9° mese s'inserisce nel menu anche la carne di maiale e il tuorlo d’uovo. È importante fare tutto con gradualità, non avere fretta e lasciare al piccolo il tempo di abituarsi ai sapori nuovi.


Le raccomandazione dell’OMS
L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha diffuso recentemente le linee guida sull'alimentazione complementare dei bambini allattati al seno. Ecco i punti salienti. Durante lo svezzamento, continuate ad allattare al seno (se è possibile, anche fino a due anni, dicono gli esperti); incoraggiare i bambini, senza forzarli; aumentare gradualmente la consistenza e la gradualità degli alimenti; cercare di variare il più possibile gli alimenti; praticare una buona igiene, servendo i cibi immediatamente dopo la preparazione. Quando il bambino è malato, aumentare l'apporto di liquidi, anche attraverso un allattamento più frequente; durante la convalescenza, offrire cibo più frequentemente.

Non esagerare con la carne
Nei i primi due anni di vita del bambino, è bene non esagerare con le proteine animali: secondo molti studi scientifici, infatti, troppa carne favorisce l’obesità. Con un abbondante cucchiaio di grana nella pappa, ricco di proteine (35 per 100 g, contro i 20 della carne) non c’è bisogno di fargli mangiare il secondo. Quando si comincia a introdurre la carne, abbiate l'accortezza di alternarla ad altre fonti proteiche, come formaggi (ricotta, crescenza, caprino), pesce, uova. Non dimenticate i legumi: lenticchie, ceci e fagioli contengono proteine vegetali e sono poveri di grassi. Vanno abbinati sempre alla pastina (per farne un piatto completo) senza esagerare con le quantità

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